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Anny Ballardini

Intervista - Peter Ablinger






Vorresti introdurci al tuo lavoro?

Mi piace pensare alle Voci e al Piano come ad un ciclo di canzoni, benché nessuno in effetti canti: le voci sono tutte dichiarazioni orali tratte da discorsi, interviste o letture. E il piano non accompagna davvero le voci: la relazione dei due è più una competizione o confronto. Il parlato e la musica si confrontano. Potremmo pure dire: realtà e percezione. La realtà/discorso è continua, la percezione/musica una griglia che cerca di avvicinarsi alla prima. A dire il vero la parte per pianoforte è la scansione temporale e spettrale della voce, qualcosa simile a una fotografia a griglie grezze. Meglio, la parte per pianoforte è l’analisi della voce: la Musica analizza la realtà.



Cos’hanno questi personaggi in comune, perché li hai scelti?

Finora ho terminato 19 pezzi. Ma il ciclo si sta sviluppando e dovrebbe in effetti includere circa 80 voci (circa 4 ore di musica). Non ho un criterio per la scelta delle voci. La maggior parte sono delle specie di “voci in me”, voci che in un qualche modo sono una parte di me stesso, che in un qualche tempo mi hanno impressionato. Forse nel momento in cui avrò terminato gli 80 pezzi avrò scoperto cosa hanno in comune e potrò rispondere a questa domanda.



Lavori pure a quella che definisci “noise music”, potresti illustracela?

Non mi piace chiamarla “noise music”. Ambedue i termini sono errati: “noise (rumore)” e “musica”. In tedesco la definisco Rauschen. Non c’è un termine simile in inglese, il suono del mare... si potrebbe tentare un “white noise (rumore bianco)” o “static noise (rumore statico)”. Questa parte del mio lavoro è davvero troppo ampia per riassumerla in poche frasi. Riguarda la totalità e la monocromia; la densità massima di informazione in congiunzione con la sua ridondanza massima – e soprattutto riguarda la percezione e l’osservazione individuale del’ascolto. Ma per citare un esempio: c’è un pezzo titolato WEISS/WEISSLICH 18 (White/Whitish 18 – Bianco/Biancastro) che raccoglie le registrazioni di 18 alberi diversi. Ogni albero viene ascoltato per 40 secondi, uno dopo l’altro e vi è solo (quasi) il colore statico di questi 18 tipi di Rauschen diversi senza alcun cambiamento elettronico aggiunto o rimaneggiamento compositivo.



Dall’Austria dove sei nato, vivi a Berlino. Una città che ho visitato una sola volta e che, malgrado la temperatura rigidissima verso la fine di febbraio, mi ha impressionato per il suo aspetto imponente. Come vivi Berlino?

Quando sono fuori Berlino o in un’altra città, devo sempre andare da qualche parte per vedere che succede. A Berlino ho la sensazione che le cose accadano comunque, per cui non devo andare da nessuna parte. Il che significa che Berlino è il luogo perfetto per me per vivere e lavorare.



Che pensi di transart come evento di mix-culture?

Semplicemente mi piace. E’ aperto allo sviluppo. Se solo vi fossero più festival simili a questo tutti i problemi che ho con molti dei miei lavori recenti che non si collocano in nessuna situazione prettamente concertistica o presentazione in galleria, sarebbero risolti.



In che direzione credi che l’arte contemporanea si stia indirizzando e cosa dovrebbe seguire un artista?

Questo – fortunatamente – non può essere detto. Solo sistemi repressivi hanno cercato di rispondere a questa domanda per gli altri. Ogni artista deve scoprirlo da solo.







ecco un link ad un pezzo che è testo, ma d’altra parte – per me – musica

> WEISS / WEISSLICH 11B, English version, translated by Barbara Schoenberg


© traduzione di Anny Ballardini





> english texts and pages about Peter Ablinger




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impressum \ this page was created by Aljoscha Hofmann \  last edited 31.07.2002 CET